Sciain, Scein, Scin … ma qualcuno ha capito come si pronuncia? Beh, vi sveliamo l’arcano, si dice SHE-IN. Capito il gioco di parole? Perchè lei, she, è IN, è una persona cool e alla moda. Ora che abbiamo capito come pronunciare accuratamente il nome del brand cinese Shein possiamo dormire tranquilli ma in realtà ... non è proprio così.
Il colosso internazionale del fast fashion online è purtroppo conosciuto anche per l’enorme impatto ecologico che produce annualmente. Essendo i vestiti di Shein pensati per un consumo veloce, e quindi prodotti con tessuti di qualità meno duratura, sono pronti a finire in discarica nel giro di neanche un anno, producendo danni ambientali di grave entità.
Tra l’altro, il target di Shein è generalmente un pubblico giovane, la cosiddetta Gen Z che vive un po’ un dubbio amletico: vestire sempre alla moda o vestire in modo sostenibile e più duraturo? Questo è il problema.
Cerchiamo di capire innanzitutto come nasce Shein e soprattutto com’è nato l’interesse immediato per questo brand.
Come nasce Shein?
Nonostante il successo di Shein si sia registrato solo negli ultimi anni, in realtà l’azienda fu già fondata nel 2008 dall’imprenditore cinese Chris Xu vendendo vestiti da sposa online comprati all’ingrosso e poi man mano estendendosi alla vendita di abiti normali con il nome di SheInside.
La scalata inizia nel 2015 quando la produzione tessile crebbe esponenzialmente, e forse anche in modo poco etico, puntando molto sulla strategia digitale per arrivare a ottenere fette di mercato nel mondo occidentale.
E poi BOOOOM. Nel 2021 Shein ha raggiunto la valutazione di 100 miliardi di dollari, praticamente lo stesso fatturato di H&M e Zara messi insieme, settuplicando (si dice?) così la valutazione ottenuta nel 2020. Aiuto, ci gira la testa.
Ma come ha fatto questo brand di fast fashion online a superare la concorrenza così velocemente?
La sua Unique Selling Proposition è chiara e spietata: Shein vende i suoi prodotti direttamente al pubblico, senza intermediari, abbattendo così i relativi costi. Il ritmo di produzione è veloce e si basa su algoritmi e analisi di dati che intercettano i trend e le mode del momento per riprodurle in questioni di giorni in prodotti acquistabili sul sito. Questo modo di produzione tra l’altro non li ha protetti da accuse di furto da parte di stilisti più o meno famosi per aver copiato palesemente il loro stile. Oops.
Operando in un modo così fast and furious, il sito di Shein è continuamente pieno di offerte e vestiti nuovi di zecca ma se proviamo a chiederci cosa c’è dietro tutto quel ben di Dio beh… forse non ne saremmo così contenti. Tra sfruttamento di persone che lavorano ai limiti dello stremo per soddisfare la richiesta del mercato e l’uso di tessuti poco sostenibili, il business non si può definire certamente sostenibile.
Ma quindi chi è che compra questi vestiti di Shein?
Possiamo individuare il target in giovani donne, principalmente dai 25 anni in giù, alla ricerca di capi alla moda a prezzi abbordabili. Si vuole tanto e lo si vuole subito. Le prime a inneggiare a questo stile di vita Shein sono le influencer che il marchio ha ingaggiato per sponsorizzazioni continue e per la produzione di video haul, insomma, gli spacchettamenti.
La strategia social di Shein
Con la pandemia del 2020, più o meno tutti i brand hanno subito una spinta verso l’online. Shein invece partiva già avvantaggiato, essendo da sempre un’attività e-commerce.
Grazie ai social media, il marchio è riuscito ad espandersi ancora di più soprattutto su Tiktok, la piattaforma social al momento più amata proprio dal target naturale di Shein. Grazie alle richieste di User Generated Content e alle collaborazioni con Influencer si sono creati dei veri e propri trend:
- I video con l’hashtag Shein Haul su TikTok sono stati visualizzati più di 5,7mld di volte;
- L’hashtag in generale è stato cliccato più di 25mld di volte.
Autrice: @sunlizzed
Veri e propri numeri da capogiro per noi del mestiere. Però non è tutto rosa e fiori, anzi. Molte delle influencer sponsorizzate da Shein sono state criticate per essersi associate al brand e alle sue policy poco sostenibili e i followers in certi casi hanno addirittura preteso delle scuse formali. Questo succede spesso quando l’allineamento tra storia e mission del brand non coincide con la personalità e i valori dell’ambassador che si va a scegliere.
Ma com'è possibile che nel 2022 vincano ancora brand poco sostenibili?
I nati dopo il 1996, i Gen Z, sono quelli di Greta Thunberg, quelli dei Fridays For Future, quelli dei diritti LGBTQ+, quelli del Black Lives Matter. Addirittura, secondo un report di Team Lewis, il 96% di questa generazione crede fermamente che le aziende dovrebbero essere più responsabili nella risoluzione dei problemi sociali e più della metà di loro si rifiuta di lavorare per un’azienda che non sposa i loro valori.
Eppure sembrano essere un po’ più deboli quando si tratta di vestiti, dato l’enorme fatturato di Shein.
Come possono co-esistere questi due comportamenti? C’è una riflessione non scontata ma importante da fare. Non è colpa del consumatore se l’offerta del mercato non è sostenibile, così come non possiamo prendercela con il consumatore che sceglie di comprare un vestito di Shein invece di un vestito sostenibile (ma più costoso) semplicemente perchè non se lo può permettere.
Forse il problema è semplicemente questo. Finchè non saranno le aziende stesse a farsi un’esame di coscienza e a fare la loro parte per l’ambiente non si potranno fare passi avanti. Noi intanto usiamo le cannucce di carta che si sciolgono nella coca-cola dopo due secondi e stiamo attenti a fare la raccolta differenziata (anche se, ammettiamolo, a volte non si capisce niente). Ma non ci resta che aspettarci qualcosa in più dai grandi player del mondo.
Plot twist: Shein diventerà sostenibile in futuro?
Lo so, abbiamo fatto un po’ i drammatici prima. Però negli ultimi tempi Shein sembra mostrare più interesse verso la sostenibilità ambientale, anche per merito delle richieste dei suoi stessi clienti. Shein ha così annunciato la creazione di un’istituzione di un fondo da 50 milioni di dollari per ridurre gli sprechi della produzione tessile e volta ad avviare una collaborazione con un’organizzazione non profit a favore dell’ambiente.
Noi aspettiamo di vedere qualche cambiamento e speriamo che l'industria del fast fashion possa trovare la sua quadra all’interno di un nuovo mondo migliore ed ecologista.
Però comunque come Leviathan, Marketing Company...
No, non temete, non stiamo per difendere nessuna politica anti-ambientalista o anti diritti umanitari. Però dobbiamo dare anche la nostra opinione da professionisti del marketing.
Il loro impatto sui social è stato a dir poco incredibile, pochissimi brand possono dire di aver ottenuto miliardi di views su hashtag brandizzati o anche solo di avere dello User Generated Content a disposizione for free. Quello che possiamo imparare da Shein è sicuramente la velocità nel saper cogliere il trend: esce una nuova serie e i vestiti dei personaggi sono fighissimi? Copiamoli e prendiamo i fan per i capelli. Da un certo punto di vista è tutto geniale. Quindi insomma, complimenti per l’utilizzo dei social e per l’astuzia.
Presto anche noi lanceremo i nostri test su TikTok, non perdeteveli 👀
Intanto vi consigliamo di visitare il nostro sito, se siete interessati a come lavoriamo non esitate a contattarci 💪
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